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Desio, il TTIP e la miopia di chi non vuole (o non può) capire che i trattati internazionali hanno ripercussioni locali



Lunedì 14 Novembre, in Consiglio Comunale, la Lega Nord ha presentato un Ordine del Giorno ad oggetto “Dissenso al negoziato sul partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti”, in acronimo TTIP. Ad illustrarlo è stato il consigliere Luca Ghezzi, che ha chiarito gli aspetti del documento.
Il TTIP è il Trattato per la liberalizzazione degli scambi commerciali fra Unione Europea e Stati Uniti d’America volto alla creazione della più imponente zona di libero scambio commerciale del mondo. Apparentemente, un tema così grande non ha nulla a che fare con Desio, ma in realtà non è così. E' lo stesso Ghezzi a spiegarlo, rispondendo a queste domande.

Perché trattare questo argomento in Consiglio Comunale? 
"Il motivo è che il Partenariato non è un tema esclusivamente di carattere diplomatico o che interessa unicamente il commercio internazionale, in quanto i suoi effetti avranno pesanti ripercussione sull’economia reale e in particolare sulla realtà brianzola, caratterizzata dalla forte presenza di piccole e medie imprese, ovvero i soggetti che, insieme a lavoratori e consumatori, saranno maggiormente danneggiati qualora il trattato dovesse entrare in vigore".

Quali sono le criticità che il trattato comporta?
"L’obiettivo non celato del trattato è quello di garantire enormi poteri alle grandi multinazionali e ai globalisti della delocalizzazione deregolamentata. Il trattato è innanzitutto l’ennesimo strumento volto a delegittimare i diritti sociali e del lavoro. Chi ne trarrebbe vantaggio non sarebbero certamente i lavoratori europei o la piccola e media imprenditoria, ma i colossi mondialisti e, in particolare, le companies americane. Il trattato significa infatti spietata concorrenza al ribasso del lavoro, con conseguente diminuzione di diritti e di tutele e affermazione dei prodotti più scadenti per via dei loro costi più contenuti. Significa distruzione delle economie locali ed eliminazione di ogni controllo politico sul mercato.
Dal punto di vista dell’imprenditoria, è vero che le aziende europee potrebbero aumentare le esportazioni verso gli Stati Uniti e aggiudicarsi appalti pubblici, ma la previsione teorica si scontra con la realtà che non consente di intervenire nelle decisioni dei singoli Stati americani nei quali è in vigore il “buy american”, ovvero la norma che impone l’utilizzo di materie americane per la realizzazione di opere pubbliche. In sostanza, le aziende europee potrebbero vincere un appalto oltre oceano, ma poi dovrebbero comprare i materiali negli Stati Uniti.
Inoltre il TTIP è un vero e proprio attentato all’ambiente: si oppone alla tutela del territorio, distrugge le biodiversità delle agricolture locali e impedisce l’affermazione delle realtà imprenditoriali agricole a chilometro zero. Il settore maggiormente minacciato dal trattato è senza dubbio quello agroalimentare che risentirebbe della liberalizzazione di una serie di prodotti “made in USA” che, al momento, contrastano con le normative europee vigenti. L’omologazione delle nostre misure non tariffarie a quelle statunitensi ridurrà la sicurezza alimentare e la biodiversità; inoltre, la semplificazione dei requisiti tecnici limiterà i presidi a tutela delle nostre produzioni locali ed in particolare della qualità.
Obiettivo non secondario del partenariato è quello di affossare ulteriormente la sovranità degli stati, permettendo alle multinazionali di appellarsi ad organismi sovranazionali per rivalersi su quei governi e autorità locali che, a loro giudizio, siano colpevoli di ostacolare il raggiungimento del profitto adottando norme di interesse generale, per esempio sulla tutela dell’ambiente.
Infine il TTIP causerà la creazione di un vero e proprio blocco geopolitico offensivo nei confronti dei paesi in via di sviluppo, con il risultato che le economie di questi stati entreranno in crisi e nel giro di pochi anni si assisterà ad un’ulteriore ondata migratoria proveniente da questi Paesi".

Ma le trattative non sono state interrotte?
"Pur essendo la trattativa per l’approvazione del Partenariato in una fase di stallo, dovuta principalmente alle perplessità del Presidente della Repubblica francese François Hollande e del ministro dell’economia tedesco Sigmar Gabriel (che tra le altre cose sono gli alleati di Renzi in Europa), il Trattato non è affatto fallito come molti potrebbero pensare e il rischio di una ripresa dei contatti fra Unione Europea e Stati Uniti per la realizzazione di quest’area di libero scambio non è affatto da escludere, così come ha recentemente ribadito il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda dichiarando che sarebbe estremamente difficile trovare una ragione che possa giustificare l’interruzione delle trattative. A testimonianza di ciò, il 30 ottobre, nel silenzio più totale di media e istituzioni, è stato approvato il CETA, trattato analogo al TTIP stipulato fra Unione Europea e Canada. Pensare che l’approvazione di questo nuovo trattato sia solo una coincidenza è difficile, molto più probabile invece che il CETA faccia da preludio e da apripista all’entrata in vigore del TTIP.
Per tutti questi motivi occorre informare i cittadini su cosa sia davvero il TTIP e su quali saranno i suoi effetti, così che si consenta la spontanea creazione di movimenti di resistenza dal basso, che per altro, in diverse aree d’Italia e d’Europa stanno già nascendo. In questo senso è doveroso ricordare che sebbene le trattative siano iniziate nel 2011 con l’istituzione del “Gruppo di lavoro di alto livello sul Lavoro e la Crescita”, solo nel 2014 l’opinione pubblica internazionale è venuta a conoscenza delle direttive di negoziato e da allora sono state sempre più frequenti le manifestazioni per chiedere di interrompere gli accordi. Nell’aprile del 2016 si è tenuto a Barcellona il primo incontro paneuropeo denominato “Le autorità locali e la nuova generazione di trattati di libero commercio” con la partecipazione di città, regioni, organizzazioni, associazioni e società civile a seguito del quale i Sindaci di molte città in tutta Europa, tra le quali 70 italiane, hanno adottato la “Dichiarazione di Barcellona” che ha evidenziato le criticità del Trattato per la qualità della vita ed il benessere dei cittadini europei".

Cosa può fare un’amministrazione locale contro organismi sovranazionali così importanti?
"Le amministrazioni locali, in quanto istituzioni più vicine al cittadino, devono essere i primi sostenitori dei loro interessi e devono perciò raccogliere i loro bisogni per poi cercare nei limiti del possibile di influenzare le decisioni delle autorità istituzionali superiori (regione, stato centrale, Unione Europea). In questo caso specifico, un’amministrazione locale può agire, collaborando con le amministrazioni di pari livello, in aperta contrapposizione al trattato, ad esempio aderendo alla già citata Dichiarazione di Barcellona. Inoltre può promuovere, presso i cittadini del nostro territorio e presso tutti gli altri enti locali, azioni di sensibilizzazione e mobilitazione contro il TTIP, in quanto in questo trattato viene leso, tra gli altri, il principio costituzionale della sovranità delle autonomie locali. Infine può intraprendere tutte le azioni di pressione di propria competenza volte a promuovere il ritiro da parte del governo italiano, nell'ambito del Consiglio Europeo, dal TTIP".

VOTO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI DESIO: come è andato il dibattito in aula.
L’ordine del giorno in questione, durante il Consiglio Comunale di lunedì, non è stato approvato. La maggioranza di centro-sinistra ha proposto degli emendamenti che però modificavano il senso stesso del documento e lo rendevano pressoché inutile e insignificante.
La mozione ha ottenuto i voti favorevoli di Lega Nord (proponente), Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Lista Civica per Desio, mentre hanno votato contro tutti i consiglieri di Partito Democratico (Sindaco compreso), Desio Viva e Sinistra per Desio.
Ciò che più mi colpisce del voto contrario della maggioranza, oltre all’assoluta mancanza di motivazioni ragionevoli che sono consistite soprattutto in processi alle intenzioni e interpretazioni sommarie della trattativa , è la decisione di diversi Consiglieri che si richiamano in modo diretto all’esperienza della Sinistra, che un tempo aveva come punti di riferimento Marx e Gramsci e che oggi invece è diventata indifferente (e forse anche insofferente) ai problemi dei lavoratori, dei piccoli imprenditori, della classe media, del territorio e dell’ambiente. Una Sinistra che ha svestito i panni di difensore degli oppressi e che ha indossato quelli di alleata delle multinazionali, dei padroni sfruttatori e del capitalismo più sfrenato. E se a portare avanti i problemi delle classi più deboli ora sono i movimenti identitari, sovranisti e cosiddetti populisti, nessuno si azzardi a dire che è meramente una questione di opportunismo politico, si tratta di semplice buonsenso e di amore per il popolo, quello che a certa sinistra pare proprio faccia ribrezzo.

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