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I nazionalisti corsi lanciano la sfida: via bandiere e inno francese

Corsica, isola dove da sempre sono ferventi le spinte indipendentiste. Ferventi e forti che, nello scorso dicembre, hanno portato la coalizione indipendentista alla guida dell'isola. A poche settimane di distanza, la situazione è fervente, come spiegato bene in questo articolo tratto dal quotidiano "Il Secolo XIX" di Genova. Genova, che come Parigi, ha per lungo tempo avuto il dominio dell'isola. Buona lettura.

Jean-Guy Talamoni, presidente della Corsica
Francesi fora , arabi fora , tutti fuori. In Corsica i nazionalisti sono andati al potere per la prima volta e ad Ajaccio gli immigrati maghrebini hanno aggredito una pattuglia di pompieri. Ignoti giustizieri, per vendetta, hanno devastato una sala di preghiera islamica.Il prefetto ha sospeso per dieci giorni le manifestazioni pubbliche e sull’isola si è precipitato il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, per ribadire che la Corsica è Francia e deve rispettarne le leggi. Jean-Guy Talamoni, presidente della neoeletta assemblea regionale: «Niente affatto. Quando u principe diventa tirannu se po’ caccià. Lo abbiamo fatto con Genova e lo rifaremo con Parigi».La rivoluzione di Natale, come annunciano di volerla ricordare i protagonisti, comincia con il voto del 13 dicembre scorso. A sorpresa, dopo quarant’anni di lotta allo Stato francese e guerre intestine, i nazionalisti conquistano la Collectivité territoriale de Corse, la futura Regione che diventerà operativa nel 2018 ma già adesso rappresenta la massima istituzione dell’isola.
Destra, sinistra e persino il Front National vengono accusati di sopravvivere a se stessi, clientelari e corrotti, incapaci di affrontare la crisi economica e la piccola criminalità. Il 17 dicembre, un giovedì, i vincitori si insediano giurando sul testamento spirituale di Pasquale Paoli, l’eroe dell’indipendenza: un volumetto intitolato Giustificazione della rivoluzione di Corsica e scritto nel 1758, dieci anni prima che Genova vendesse l’isola alla Francia. Talamoni: «Come al mercato delle capre»!Di fronte agli impietriti rappresentanti delle opposizioni, e agli altrettanto sbigottiti osservatori mandati da Parigi, il neoeletto presidente saluta «il primo governo del popolo dopo il diciottesimo secolo». Poi ricorda «i nostri morti» e invoca la liberazione dei prigionieri politici, una trentina di sovversivi considerati dalla giustizia francese delinquenti comuni. Quando il pubblico intona l’inno nazionale Diu vi salvi regina in spregio alla Marsigliese, e i consiglieri della maggioranza si impettiscono sull’attenti, il prefetto di Ajaccio Christophe Mirmand chiama Parigi, Matignon, linea diretta con il primo ministro Manuel Valls.I giorni a cavallo di Capodanno sono surreali. Lo Stato mostra i muscoli vietando le manifestazioni di piazza fino al 4 gennaio, presidiando i veglioni nei locali più noti, fermando i ragazzini che vanno in motorino senza casco. Chi parla a mezza voce di servizi segreti lo fa a sproposito, probabilmente, però è singolare la coincidenza tra l’ascesa al potere dei nazionalisti e i primi incidenti xenofobi in Corsica, dove mai erano stati messi in discussione il diritto all’ospitalità o la libertà di culto. Gli indipendentisti hanno formalmente deposto le armi nell’estate del 2014: può far paura, alla Francia, un processo democratico che abbia lo stesso obiettivo?Certo il nuovo potere insiste in un’iconoclastia al limite del sovversivo, Talamoni ha persino fatto sparire il tricolore dall’ufficio di presidenza: «Noi non siamo francesi. Anzi abbiamo un problema, con Parigi, lo stesso che avevamo con Genova l’ultima volta che abbiamo governato». Era il 1768.La Serenissima Repubblica veniva messa sotto accusa per le tasse eccessive e la malagiustizia,alla più moderna République sta accadendo lo stesso: i nazionalisti pretendono la potestà legislativa, l’autonomia fiscale, il riconoscimento dell’ufficialità della lingua corsa. Poco importa che Valls abbia ribadito come il programma vada contro la costituzione, e che la patria è una e non si tocca: «Dicevano così anche ai tempi dell’Algeria».Ajaccio rappresenta bene, persino urbanisticamente, il tormento politico della Corsica. C’è la città fondata dai genovesi, case alte e colorate, la cattedrale dei Giustiniani e un intrico di vicoli. Napoleone è nato qui. Nella palazzina avita trasformata in museo c’è un suo biglietto indirizzato a Pasquale Paoli, sorpresa, nel 1765 il massimo rappresentante dell’imperialismo francese stava dalla parte dei corsi.La città imperiale invece è un po’ più in là, monumenti e grandeur, palazzi e viali fuori scala. Il depliant fornito dall’ufficio turistico indica infine un «quartiere degli stranieri», costruito agli inizi del Novecento per i primi turisti inglesi e tedeschi. Oggi gli stranieri sono gli africani e abitano ai Jardins de l’Empereur, dove hanno aggredito i pompieri ed è stata devastata la sala di preghiera islamica.La Corsica avrà due anni di tempo per organizzare la nuova Regione, poi se non ci sarà una proroga dell’attuale esecutivo - il capo è Gilles Simeoni, sindaco di Bastia, rappresentante dell’ala più moderata dei nazionalisti – si tornerà alle urne. Sicuri di vincere ancora? Talamoni insegna diritto e storia patria all’università di Corte: «Il 13 dicembre si è messo in moto un processo irreversibile. Non siamo mai stati un pezzo di Genova, non saremo mai un pezzo di Francia».

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