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Referendum per l'autonomia: la riposta lombarda al centralismo romano



Il 17 Febbraio scorso, il Consiglio regionale ha approvato la proposta di referendum per l’autonomia della Lombardia. Si tratta di una consultazione per chiedere ai cittadini della Lombardia se desiderano per la nostra Regione maggiore autonomia e più risorse per il territorio. Lo scopo di questo referendum è di rendere la Lombardia simile alle regioni a Statuto speciale, per trattenere sul territorio le risorse prodotte dai cittadini lombardi, per abbassare le tasse e per garantire servizi migliori.

Perché un referendum? E’ vero che costerà 30 milioni di euro? Perché non trattare direttamente con lo Stato?
Il referendum è lo strumento principe della democrazia. Se supportata dal Popolo lombardo la richiesta di maggiore autonomia acquisterà un grande peso. Lo Stato centrale non potrà ignorare la volontà di milioni di cittadini e sarà costretto a tenerne conto nelle trattative con la Lombardia per definire i termini dell’autonomia e la quantità di risorse in più da trattenere sul nostro territorio.
Le spese per organizzarlo si ridurranno notevolmente per la possibilità di abbinare il referendum ad altre elezioni (politiche o amministrative) e per l’introduzione del voto elettronico. C’è da domandarsi invece quanto costerebbe non fare questo referendum, alla luce del taglio da 1 miliardo di euro alla Lombardia voluto dal Governo a guida PD. Secondo il PD la Regione, per avere più autonomia, dovrebbe intavolare una trattativa diretta con lo Stato, senza passare dal referendum. Da un lato è vero che la Costituzione prevede questa possibilità, dall’altro però non possiamo fidarci di un Governo che ha dimostrato ampiamente di non rispettare gli accordi presi, tagliato pesantemente i trasferimenti alla Lombardia e che sta portando avanti una riforma centralista che va nella direzione diametralmente opposta.

Ma cosa prevede la riforma della Costituzione in discussione in parlamento?
La riforma riporterà importanti poteri, oggi in capo alle Regioni, allo Stato centrale, determinando così un ritorno verso un forte centralismo statale. Le correzioni apportate al Titolo V prevedono meno competenze alle Regioni, in quanto le Regioni ordinarie vengono completamente spogliate del potere legislativo concorrente.
L’art. 116 della Costituzione prevedeva la possibilità di chiedere ulteriori forme di autonomia sulle materie concorrenti (commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione, professioni, ricerca scientifica, tutela della salute, protezione civile) nonché alcune materie specifiche. Ora il nuovo testo riporta solamente alcune materie, togliendo quelle concorrenti previste dall’art 117. Ma la circostanza negativa maggiore è che “su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Insomma, lo Stato centrale può di fatto in qualunque momento invocare una ragione anche di carattere economica per invadere con le proprie leggi le competenze regionale senza che le Regioni possano dire nulla. Ad esempio, si potrebbero verificare situazioni in cui lo stato, in materia di salute aumenta i ticket sanitari per fare cassa a livello regionale e coprire un buco creato dallo Stato centrale, oppure decidere sulla mobilità interna regionale, aumentando il costo dei biglietti. Di fatto, oltre a togliere ulteriori competenze alle Regioni, viene sancito il potere assoluto di Roma su qualsiasi autonomia locale.
Anche la riforma del Senato, spacciata come riforma federalista per l’introduzione del Senato delle autonomie, è in realtà una fregatura. La Camera dei deputati sarà infatti titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed eserciterà la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo. Mentre il cosiddetto senato delle autonomie non servirà a nulla, in quanto avrà funzioni molto limitate senza la possibilità di incidere sull’attività legislativa o sul Governo stesso. Insomma, non è bicameralismo, non è monocameralismo, non è un sistema Federale, ma è un pasticcio.

Referendum: chi vota, quando si vota e qual è il quesitoTutti i cittadini maggiorenni residenti in Lombardia avranno diritto a potersi esprimere sul referendum di autonomia e saranno chiamati al voto entro 18 mesi, come specificato nel testo ratificato dall’aula. Il quesito che è stato approvato in Regione Lombardia, con un’ampia maggioranza è questo:
“Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?”

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