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NIki Vendola e compagno in fila all'outlet della vita

Proponiamo un articolo a firma di Oliviero Beha pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” come spunto di riflessione su un argomento che, seppur non ritenuto per noi di primaria importanza rispetto ad altre priorità ben più importanti, resta comunque un tema di attualità che va a toccare le libere coscienze di ognuno di noi.


Potremmo limitarci a festeggiare la nascita di Tobia Antonio, il figlio neonato di Nichi Vendola e del suo compagno Eddy, che ne sarebbe il padre biologico alle prese con la madre surrogata, dicendo solo che una nascita è pur sempre un miracolo della vita: messa così è vero, nella sua normale straordinarietà. Oppure potremmo, con Giampiero Mughini, stigmatizzare la violenza e la volgarità con cui soprattutto sui social da due giorni si è sghignazzato su una vicenda delicatissima che ci tocca tutti. Indubbio, il web è anche uno sfiatatoio di pancia, fegato e parti basse. Oppure ancora potremmo circoscrivere politicamente la venuta al mondo del piccolo al genitore famoso (padre o madre che si ritenga), alla sua figura pubblica e al frangente in cui è avvenuto questo parto per procura. Non sarà magari il caso della persona sbagliata nel momento sbagliato, per cui in tempi di discussione parlamentare e mediatica forsennata, tra un principio di coscienza e un fine di strumentalizzazione presumo come sempre elettoralistica, la paternità di Nichi finisce come deterrente nell’imbuto della questione stepchild?E Alfano e i suoi seguaci, nemici “del contro-natura” alla Giovanardi, non si stanno lanciando sull’eco di Vendola anche contro le adozioni da parte dei gay? E davvero staremmo assistendo allo “scontro di civiltà” tra progresso scientifico e normalizzazione “naturale” , magari con interessi di altro tipo che rimandano sempre in un’insincerità commovente alla politica politicante, al potere e al denaro, scontro barbaro a far da ipocrita fondale alla lotta?
C’entra tutto questo certamente nel tunnel che la vicenda Vendola ha avuto almeno il pregio di illuminare a giorno. Finché infatti leggi che ci sono luoghi, a partire dalla California, dove hanno creato degli outlet delle nascite, dove il bambino si sceglie alla spina come una birra e l’utero viene trattato semplicemente come un ciclo di produzione su commissione, la cosa può farti un certo effetto ma resta distante: se ti immagini Nichi, il pluridecorato alla battaglia della sinistra, dei diritti, delle figuracce all’Ilva (per completezza dell’informazione… ) ecc., a fare shopping in quell’outlet, beh, l’immaginazione prende un’altra piega. E senza neppure bisogno di ricordare come è stato fatto che “culturalmente” , l’avverbio più caro al Nostro, lui è sempre stato avversario ideologico della “vita del mercato”: e adesso con un gran balzo in avanti (o indietro?) è già passato al “mercato della vita?”
La voglia di paternità non è una macchia sulla pelle, e procurarsi eredi così non è remotissimo dal criterio con cui si sono scelte le razze in epoche scellerate ma tuttavia incombenti. Per carità, Nichi non è Adolf e Tobia Antonio non sarà per forza ariano, ma l’ambulatorio concettuale non è poi così lontano. Misurarsi con un figlio che nasce menomato per chi ne ha contezza è già – che viva o meno – una questione esistenziale profondissima. Ora te lo scegli a misura dei tuoi desideri?
Ma perché, mentre il mondo è sovrappopolato e adottare un bimbo è già un’impresa umanamente di grandissima responsabilità e spessore, ci si va a cacciare in un outlet invece che sporgersi verso neonati o bambini che non hanno nessuno, specie in quest’epoca di guerre e denutrizione?In questo senso la contrapposizione tra ciò che si può legalmente fare e ciò che non si dovrebbe è macroscopica. Se non esiste una stamina etica sufficiente a distinguere, davvero tutto è possibile, e guardandoci intorno forse non a caso sembriamo complessivamente orientati a ritornare nelle caverne. In bocca al lupo, Tobia Antonio…

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