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Giustizia da cambiare: "Scusate, ci siamo sbagliati". D'infinito c'è solo l'imbarazzo.

Dalle novecento pagine della sentenza che spiegava le motivazioni delle condanne ne mancavano centoventi. Colpa della stampante che si è inceppata, può capitare. Così, a cuor leggero, si è rischiato che gli imputati del maxi processo "Infinito", che ha messo sotto scacco la criminalità organizzata in Brianza tornassero in libertà. 

La "locale" di Paderno Dugnano in riunione. I componenti si davano
appuntamento in una sede ARCI.
Alla fine i presunti 'ndranghetisti probabilmente rimarranno in carcere, ma questo episodio è l'ennesima prova di come funziona la giustizia in Italia, messa sotto scacco da una stampante inceppata. Non importa se alla scoperta dell'errore si sia provveduto ad integrare la notifica agli interessati, tanto basta per permettere agli avvocati della difesa di fare ricorso e rischiare di mandare all'aria un processo così importante per il colpo inferto alla criminalità organizzata calabrese che ha messo radici in Brianza.

Alla carenza "anche assoluta" delle motivazioni di una sentenza è possibile che "il giudice di grado successivo" che "investito di pieni poteri decisori provvede, quando è necessario, a redigere la motivazione mancante". Così hanno stabilito i giudici della Corte Suprema, confermando che sia possibile sanare il vizio di forma dovuto alla mancata stampa di alcune pagine, senza dover annullare la sentenza di primo grado.

Mandare in fumo un processo come questo, che ha portato in superficie il radicamento della malavita organizzata in Brianza, sarebbe una vera presa in giro. Come se le sorti della giustizia possano essere decise da una stampante che si inceppa.


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