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Lingua lombarda: finalmente una legge di tutela, e anche il PD è d'accordo



Un progetto di legge per tutelare e promuovere la lingua lombarda e le sue varianti: come da tempo chiedono l'Europa e l'Unesco. Ne avevamo già anticipato la presentazione in questo articolo, e ieri mattina, a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia, il gruppo consiliare della Lega Nord (presenti il capogruppo Massimiliano Romeo e il consigliere Jari Colla) hanno illustrato alla stampa e ai rappresentanti di diverse associazioni linguistiche il progetto di legge con cui la Lombardia cercherà di evitare la scomparsa di un patrimonio immateriale storico e culturalmente rilevante.

Presenti anche l'assessore regionale alle Culture, Cristina Cappellini, e il segretario nazionale della Lega Lombarda, Paolo Grimoldi, è stato illustrato il senso della proposta di legge, che verrà abbinata al nuovo testo unico regionale sulla cultura.

Tra le iniziative della proposta, che deve ancora iniziare l'iter in Commissione, l'istituzione di un osservatorio regionale e di un registro per associazioni e studiosi che si occupano della tutela dei dialetti e l'utilizzo del bilinguismo su cartelli stradali e di toponomastica, ma anche sui siti di comunicazione istituzionale della Regione. Inoltre, come è stato spiegato dal capogruppo Romeo, anche se la Regione non ha competenza diretta in materia scolastica potrebbero essere pensati strumenti di 'moral suasion' sulle scuole - al momento non contenuti nel pdl - per incentivare iniziative di diffusione, tra i bambini, del dialetto e del patrimonio culturale ad esso legato. "Se ci sono delle risorse regionali da assegnare agli istituti ad esempio, si potrebbe pensare a delle premialità - ha detto Romeo - ma sono aspetti che dobbiamo approfondire". Nel suo intervento l'assessore Cappellini ha invece sottolineato che quello presentato "non è un progetto di legge di bandiera, ma un'operazione in cui crediamo e che abbiamo voluto assieme, giunta e gruppo consiliare". "Non ci siamo sognati noi che il 'lombardo' è tra le lingue in via di estinzione - ha affermato - ma è un allarme lanciato dall'Unesco". Da parte di Grimoldi infine, tra le altre cose, anche la considerazione che il dialetto lombardo ha una sua utilità "a livello internazionale" perché "con le sue 'vocali turbate' facilita l'apprendimento di alcune lingue come quelle germaniche e slave". Il segretario della Lega Lombarda ha anche sottolineato come "nella riforma della Rai al di là della spartizione dei posti tra Pd e governo non ci sia stata una sola parola a difesa delle culture del nostro Paese". Durante l'incontro ci sono stati inoltre alcuni interventi in dialetto da parte dei rappresentati di associazioni che lavorano per salvaguardare la tradizione linguistica del territorio che si sono infatti rivolti all'assessore alle Culture Cristina Cappellini e agli altri relatori parlando proprio la lingua locale.

IL SOSTEGNO CRITICO DEL PD
A sorpresa, tramite nota stampa, è arrivato anche l'appoggio critico del PD. “Per dare a un dialetto lo status di lingua serve un lavoro scientifico molto lungo, fatto da esperti, anche costoso – fa presente il capogruppo in Regione, il brianzolo Enrico Brambilla –. Tant’è vero in Italia esiste addirittura una legge nazionale, la 482 del 1999, che riconosce le minoranze linguistiche italiane, tra le quali vengono annoverati solo il friulano e il sardo, secondo standard ben precisi”. “Possiamo essere d’accordo con la proposta di legge se va nella direzione di sostenere chi già in maniera spontanea e attraverso iniziative culturali di ogni genere mantiene viva, sul territorio, la specificità dialettale lombarda. Quindi, vorremmo che le poche risorse venissero destinate a costoro che magari da decenni sono attivi in questa preservazione della nostra identità linguistica. Ma non buttiamo denari in inutili cartelli stradali che rischiano di diventare doppioni del tutto superflui. Oggi, anche 30mila euro possono permettere alle nostre associazioni locali di fare un gran lavoro sul territorio. Aiutiamo costoro e non facciamo i barlafus”.

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