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Un milione e mezzo di euro: il sindaco non vuole recuperare i soldi ingiustamente tolti dallo stato al comune

Nel 2013, sotto il segno della spending review, il governo guidato dal presidente Mario Monti, sostenuto dal Partito Democratico, ha tagliato un milione e mezzo di euro al comune di Desio sottraendoli alle case municipali per farli confluire nel calderone romano.

Roberto Corti (PD), sindaco di Desio

La stessa sorte è toccata a tutti i comuni della penisola,  per un totale di 2 miliardi e 250 milioni di euro che lo stato si è indebitamente messo in cassaforte. Una cassaforte che, tuttavia, non è poi così sicura. Una recente sentenza della Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato illegittimo questo prelievo. Ed è sulla scia di questa sentenza che la Lega Nord sta sollecitando i sindaci della Brianza - e di tutta la Lombardia - a presentare un ricorso per chiedere la restituzione di quello che è stato un vero e proprio furto. La scorsa settimana i consiglieri comunali del Carroccio hanno protocollato un documento che va proprio in questa direzione e sarà messo ai voti nel prossimo consiglio comunale. Lo hanno illustrato alla stampa mercoledì scorso, durante una conferenza convocata anche per mettere al corrente i giornalisti sulla controversa visita della Guardia di Finanza in Municipio, che il sindaco ha cercato di mantenere segreta.

Quella di chiedere il rimborso non è una scelta casuale, dato che alcuni comuni hanno già presentato un ricorso per ottenere quanto ingiustamente tolto ed altri stanno invece valutando come muoversi. In questi ultimi anni abbiamo sentito più volte piagnucolare il sindaco Roberto Corti perchè non aveva soldi a sufficienza per aiutare le famiglie, sistemare le case comunali, mantenere il decoro urbano, sistemare il centro, restaurare la statua di Pio XI o erogare servizi di migliore qualità e quantità. Eppure questi tagli li ha fatti il governo che anche lui ha fortemente sostenuto. E' per questo motivo, probabilmente, che non sembra orientato a chiedere che il comune di Desio possa riavere ciò che è stato ingiustamente prelevato.

Dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa, il primo cittadino bolla la proposta della Lega Nord come una "boutade". Sarà, ma i comuni che hanno già presentato ricorso sono in molti. In Brianza, il primo ad attivarsi è stato Concorezzo. Spostandoci, arriviamo fino in Puglia: in questa regione i comuni di Lecce ed Andria, che non hanno una guida leghista, sono stati i primi in assoluto a battere cassa, con il primo che ha già ottenuto un rimborso pari alla metà di quanto gli era stato tolto.  Anche Morbegno, in provincia di Sondrio, che non ha un sindaco targato Lega, ha deciso di procedere con il ricorso. Ce ne sarebbero altri di comuni che possono essere citati, da Meina in provincia di Novara fino a Macomer in Sardegna, ma ci fermiamo qui: tanto basta per farvi comprendere quanto sia preconcetta ed incomprensibile la presa di posizione del sindaco Corti, che boccia questa proposta solo perchè viene avanzata dal Carroccio. Chi abbia il buon senso lo usi, in questo caso purtroppo non è stato pervenuto. Peccato, a smenarci saranno i desiani. Ma la battaglia continua in consiglio comunale, è qui che verrà discussa e votata la mozione presentata dalla Lega Nord.


LA SENTENZA - La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 129 del 6 giugno 2016 ha dichiarato illegittimo l’articolo 16, comma 6, del d.l. n. 95 del 2012 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario) cosiddetto spending review bis, approvato dal Governo Monti.
Tale norma, indicando gli obiettivi di contenimento delle spese degli enti locali, si pone come principio di coordinamento della finanza pubblica, che vincola senz’altro anche i Comuni. La Corte ha osservato che non vi è nessun dubbio che le politiche statali di riduzione delle spese pubbliche possano incidere anche sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali; tuttavia, tale incidenza deve, in linea di massima, essere mitigata attraverso la garanzia del loro coinvolgimento nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni quantitative, e non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e n. 241 del 2012).

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