Paolo Grimoldi |
La vicenda di Kalem Ben Hamida, il 38enne tunisino residente in Brianza espulso ieri perché ritenuto un potenziale jihadista per via dei suoi ragionamenti da fanatico estremista e delle minacce jihadiste, che rivolgeva all’Italia, e quelle di morte verso la moglie italiana, colpevole di voler educare i figli come cristiani e non musulmani, rappresenta l’ennesimo segnale di allarme per il nostro territorio.
Intanto non basta che oggiAggiungi un appuntamento per oggi i responsabili del centro islamico di Monza si vantino di aver allontanato loro, dalla loro moschea, Kalem Ben Hamisa. Questa non è collaborazione. Se la comunità islamica avesse davvero voluto collaborare nella lotta contro il terrorismo si sarebbe fatta sentire subito e non a posteriori: avrebbero dovuto parlare prima, avvertendo fin da subito le autorità preposte su questo soggetto così pericoloso.
In ogni caso questa vicenda conferma la necessità di controlli più stringenti sui luoghi di culto o di aggregazione degli islamici presenti in tutta la Lombardia, a cominciare dalla moschea milanese di viale Jenner, frequentata dallo stesso Kalem Ben Hamida in passato.
Non solo. Riflettiamo poi bene sui pensieri che questo fanatico esternava a voce alta o nelle chat: non solo sul suo desiderio di immolarsi per la jihad, ma anche sull’odio profondo che nutriva per la sua ex moglie italiana, per la decisione di educare i suoi figli secondo le nostre tradizioni e dunque come cristiani e non come islamici. E per questa ragione questo Kamel voleva vendicarsi della ex moglie e forse anche sui figli. Bell’esempio di integrazione e ancora complimenti all’omertà della comunità islamica locale. E se nel frattempo questo Kalem avesse messo in pratica i suoi sanguinari propositi? E se avesse ucciso la moglie o i figli?
Le espulsioni non devono essere attuate solo verso chi è considerato pericoloso ma anche verso chi lo appoggia o lo copre, anche con il suo silenzio.
Paolo Grimoldi
Deputato Lega Nord
Segretario nazionale Lega Lombarda.