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Matteo Salvini è il nuovo segretario federale della Lega Nord, riparte la battaglia indipendentista

Una comunità unita, pronta ad affrontare le battaglie epocali che la attendono. Così Matteo Salvini descrive la sua Lega nel discorso dal palco dell'auditorium del Lingotto subito prima dell'investitura ufficiale a Segretario federale. Dalle scelte politiche immediate agli obiettivi ultimi da conseguire, Salvini scandisce gli slogan e detta la linea, senza trascurare le inchieste giudiziarie e i dissidi interni, gli scandali veri (o più spesso presunti) e gli aneliti indipendentisti. C'era anche una delegazione di leghisti desiani al congresso di domenica scorsa.

Subito messo da parte il discorso che si era preparato, Salvini ammette di prendersi sulle spalle "una responsabilità enorme, che sono fiero e onorato di chiedervi - dice prima del voto dei delegati -. Però è un cammino che o facciamo tutti insieme, o uno da solo non vince. Io ci sono se voi ci siete".
E' stato il congresso della rinascita. Archiviate polemiche e dissapori, da domenica scorsa la Lega Nord è ripartita. Una linea politica chiara, che getta le basi sulla critica all'Euro proponendo l'uscita da questo sistema monetario e la costruzione di un'Europa dei Popoli come alternativa a quella delle banche. Messe a tacere le critiche sull'antieuropeismo della Lega, la risposta migliore è stata data dalla presenza delle delegazioni estere presenti. C'erano francesi, olandesi, fiamminghi, russi ed altri rappresentanti di movimenti che aspirano alla costruzione di una nuova Europa, che non metta in ginocchio i suoi cittadini e possa dare nuovo slancio e vigore al vecchio continente. 
"I dubbi di uscirne ci sono -ha detto Salvini-, ma alla fine del percorso devi scegliere se salire o scendere. E più leggo i numeri, più mi convinco che la moneta unica è lo strumento servito allo Stato italiano per tenere in gabbia la Padania. Prima salta e meglio è. L'euro è un crimine contro l'umanità, contro le imprese, contro l'economia". Una dichiarazione forte che interpreta e fotografa la realtà, infiammando la platea dei delegati e dei militanti intervenuti al congresso.

L'intervento di Matteo Salvini dalla A alla Z:
ALTRI. «Abbiamo un progetto che non ha eguali. Gli altri possono cambiare nome, simbolo, bandiera, segretario, ma hanno solo il progetto di governare fine a se stesso».
BOSSI. «Il tempo passa per tutti, un altro Umberto Bossi non rinasce, sarebbe un matto chi volesse fare un Bossi o un Maroni bis».
CITAZIONI. «Mi hanno detto che il candidato segretario deve fare almeno 15 citazioni dotte alla Renzi...». Nel corso del suo discorso Salvini citerà mons. Maggiolini, Orwell, De Andrè, Mandela, Gandhi e Bobby Sands.
DISOBBEDIENZA. «Siamo pronti a disubbidire a partire dall’unico linguaggio che capiscono a Roma e a Bruxelles: quello del portafoglio. E siamo pronti a rischiare. Abbiamo centinaia di sedi pronte a diventare comunità di lotta e di controinformazione».
EUROPEE. «Alle elezioni di maggio in ballo non c’è un parlamentare in più o in meno. Dobbiamo far crollare l’impero. Se a Bruxelles tornano i massacratori è finita, perché siamo già sul patibolo. Ma il boia sa che se il popolo si ribella, il primo a rimetterci è lui».
FORCONI. «A noi non ci ferma nessuno, e i nostri nemici comincino ad avere paura. I forconi sono una passeggiata, quando arriveranno i forconi padani gli facciamo un mazzo così».
GENITORI. «Il matrimonio si ha tra un uomo e una donna, il resto è una unione, una scelta. I figli, l’ha deciso non la Lega ma il buon Dio, si fanno tra un uomo e una donna. E si danno in adozione a una mamma e a un papà, non a un genitore 1 e un genitore 2».
IMMIGRATI. «Chi arriva a casa nostra non invitato è un clandestino, non un profugo, un richiedente asilo o un migrante, e va rispedito a casa a calci. Punto. Con 4,5 milioni di disoccupati non c’è più spazio per un solo immigrato, regolare o irregolare. Prima viene la nostra gente».
LAVORO. «Mi piacerebbe che il prossimo Consiglio federale si tenesse non in via Bellerio, ma in una delle tante fabbriche che rischiano di chiudere. Portiamo la Lega in fabbrica, per dare risposte sul lavoro».
MONETA. «Più leggo i numeri, più mi convinco che la moneta unica è lo strumento servito allo Stato italiano per tenere in gabbia la Padania. Prima salta e meglio è. L’euro è un crimine contro l’umanità, contro le imprese, contro l’economia».
NUOVO. «Questo Congresso non è un momento di chiusura né celebrativo. Noi oggi celebriamo una festa che è l’inizio della vittoria. Come? Mantenendo gli impegni, battagliando senza se e senza ma».
OBIETTIVO. «La Lega è il mezzo, non il fine. Purtroppo qualcuno in passato ha pensato che il ruolo politico è il fine ultimo della militanza, invece è uno strumento. Il buon sindaco amministra bene, ma il fine ultimo è l’indipendenza».
PARTITO. «Non siamo un partito, siamo una comunità. Una comunità in cammino, forte, che può vincere. Nel momento in cui nasce un bimbo, tutti lo festeggiano. Questa è la precondizione per vincere. Perché in battaglia puoi avere i migliori armamenti del mondo ma devi assolutamente fidarti di quello che hai di fianco, altrimenti la battaglia è persa».
QUALUNQUISMO. «Noi osiamo dire che non vogliamo morire di immigrazione, di disocuppazione o di fanatismo islamico. Se questo significa essere populisti, sono orgoglioso di esserlo. Evviva il populismo degli artigiani, degli agricoltori, degli allevatori che hanno i calli sulle mani. Noi stiamo con chi si alza alle 4 della mattina e produce, non con chi vuole essere assistito ma con chi vuole solo poter produrre e lavorare».
REFERENDUM. Salvini ne annuncia cinque: sui sindacati («pubblichino anche loro i bilanci, paghino le tasse e l’iscrizione non sia a vita»), contro la legge Mancino («le idee non si processano»), contro le prefetture («gli Enti più inutili e parassitari che ci siano»), per salvare gli Enti locali, a partire dalle Province, e contro la riforma Fornero sul lavoro e sulle pensioni («una porcheria immonda»). «E votiamo anche contro la proposta di quel ministro inutile che è la signora Kyenge di riservare quote di posti di lavoro agli immigrati».
SBAGLI. «Gli errori in casa nostra non sono stati mai tollerati, se uno usa un solo centesimo fuori posto, vada via. Chi sbaglia, e me lo impongo io per primo, paga».
TENTENNAMENTI. «Ci sono indipendentisti da tastiera che fanno dentro e fuori dalla Lega. A me la parabola del figliol prodigo ha sempre fatto girare le balle: preferisco il figlio rimasto a casa a sacrificarsi per tanti anni, l’altro faccia un po’ di anticamera».
UNITÀ. «Da qui a maggio non ci deve essere una virgola fuori posto nelle segreterie provinciali e nazionali. Non è vietato parlare, anzi sono contento dei dubbi, chi non dubita è cretino. Ma un conto è la discussione e il confronto, un altro la chiacchiera, l’invidia, l’insofferenza. Alla prima virgola contro Tizio o contro Caio che esce, fuori: di chi si comporta così non c’è più bisogno».
VENEZIA. «Tornerà Pontida e tornerà Venezia, perché è bello e perché è casa nostra».
ZERO (TOLLERANZA). «Se a Roma approveranno l’indulto o l’amnistia, non usciranno dalla Camera e dal Senato. Perché i delinquenti devono stare in galera, anche per rispetto di quei poliziotti e quei carabinieri che rischiano la vita per metterli in galera».

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