Desio in Padania per l'Europa dei Popoli. Da oggi, con l'intervista a Enrique Ravello, esponente di spicco del partito indipendentista “Plataforma per Catalunya”, rilasciata in esclusiva per il quotidiano "La Padania" riprende la rubrica che segue i movimenti indipendentisti ed identitari in Europa. Ripartiamo dalla Catalunya, il cui processo per la propria indipendenza dalla Spagna si avvicina ad un momento storico.
Catalunya, anno 2014, prove tecniche di Europa dei popoli. In quel lembo di terra iberica, che non vuole più essere spagnola, continua a crescere l’attesa per la scelta della data che potrebbe diventare storica non solo per il popolo catalano, ma per tutta l’Europa occidentale. Se verrà indetto il referendum, come vogliono fortemente gli indipendentisti, il risultato potrebbe segnare una svolta epocale: per la prima volta dalla seconda guerra mondiale nascerebbe in Europa occidentale un nuovo stato, la Catalunya appunto. E l’esempio potrebbe essere contagioso anche in molti altri territori statuali europei, dal Belgio alla Francia, passando naturalmente dall’Italia. In Gran Bretagna ci stanno già pensando i nazionalisti scozzesi a turbare i sogni dell’Union Jack, mentre fermenti indipendentisti si riaffacciano anche in Irlanda del Nord. Di questo scenario parliamo con Enrique Ravello, esponente di punta di “Plataforma per Catalunya” che approfitta di questa intervista anche per chiarire alcuni aspetti del suo movimento politico che hanno fatto in passato arricciare il naso agli altri partiti indipendentisti catalani.
Signor Ravello, quali sono i punti programmatici dell’azione politica di Plataforma per Catalunya?
«Plataforma per Catalunya (PxC) è stata fondata per difendere gli interessi dei catalani dallo “tsunami” migratorio subìto dal nostro paese negli anni ’90 e nel primo decennio del secolo attuale e i cui effetti sulla nostra identità, la nostra società, il nostro stato di benessere e la nostra convivenza peggiorano di giorno in giorno. Allora tutti i partiti, dalla sinistra al centro-destra, erano favorevoli a questo processo migratorio (e lo sono ancora oggi) e applaudivano all’arrivo di migliaia di persone dal Terzo Mondo, sostenendo la grande bugia che quegli immigrati arrivavano da noi per “integrarsi” e migliorare la nostra società. Per non parlare dei mass-media , che hanno definito subito questi stranieri come “nuovi catalani”. E’ stato proprio per denunciare e contrastare questa situazione che è nata Plataforma. Abbiamo ricordato a tutti che la Catalogna è il territorio dello stato spagnolo con il più alto tasso di islamizzazione e la nostra mobilitazione è stata in grado di bloccare la costruzione di una moschea a Premià de Mar. Ma c'è ancora molto da fare. Visto che sto rilasciando un’intervista a La Padania, posso sottolineare però una cosa?»
Prego...
«Ho letto alcune notizie sul vostro giornale riguardanti il nostro movimento e vorrei precisare che oggi nella PxC ci sono due correnti, un "spagnolista" e un’altra – di cui il sottoscritto fa parte - che innanzitutto difende i diritti storici e politici dei catalani. Nei prossimi mesi ci sarà un profondo e intenso dibattito interno su questo tema».
Quando crede che si terrà il referendum per l’indipendenza della Catalunya? E Madrid accetterà una Catalunya indipendente?
«Il governo catalano ha promesso di fissare una data prima del 15 dicembre. Tutto sembra indicare che la data sarà fissata nella settimana dell' 11 settembre 2014, data scelta per la sua carica altamente simbolica. L'11 settembre 1714 infatti Barcellona fu conquistata dalle truppe dei Borbone nel corso della Guerra di successione spagnola. La Catalogna aveva sostenuto la fazione poi sconfitta (quella della casata austriaca) per mantenere i suoi diritti storici. L'arrivo di Felipe V (il primo Borbone) al trono significava l’eliminazione dei nostri diritti politici e l'imposizione del castigliano come lingua ufficiale; fino ad allora nel nostro Paese si era solo parlato il catalano. Per quanto riguarda la riposta di Madrid, io sono pessimista. Se Madrid vieterà il referendum, il Presidente della Catalogna scioglierà il Parlamento e indirà nuove elezioni “regionali” catalane. Il nuovo Parlamento avrà allora una maggioranza schiacciante di indipendentisti e farà una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Da quel momento non si sa cosa potrà accadere, ma sicuramente sarà decisivo il comportamento della comunità internazionale che dovrà esprimersi, riconoscendo o no il nuovo stato indipendente di Catalunya».
E’ esploso lo scandalo delle intercettazioni americane sull’Europa. Qual è il suo pensiero in merito?
«Personalmente non mi ha sorpreso troppo. Gli Stati Uniti vedono l’Europa come un avversario sia politico che economico. Oggi i leader europei sono sottomessi a Washington, ma gli Stati Uniti vogliono monitorare i loro movimenti e soprattutto controllare qualsiasi disaffezione verso gli Stati Uniti e qualsiasi approccio europeo verso la Russia. Per gli USA qualsiasi riavvicinamento delle relazioni tra Europa occidentale e Russia è un autentico incubo. Invece personalmente penso che la miglior opportunità per l'Europa sia quella di giocare completamente la carta russa».
Alle prossime elezioni europee il risultato, importante secondo le previsioni, dei partiti che difendono l’identità dei popoli, criticano l’euro e si battono contro l’immigrazione di massa potrà cambiare il volto del Parlamento europeo?
«Lo spero vivamente. I risultati di questi partiti possono essere davvero importanti e il numero di seggi al Parlamento europeo renderà possibile che la loro voce possa essere ascoltata con forza. Questo farà sì che i partiti “tradizionali” dovranno discutere e fare proprie alcune proposte dei movimenti identitari, oppure correre il rischio che questi partiti crescano ancora di più e vadano al governo in diversi Paesi del nostro continente. Quello sì che sarebbe un cambiamento di paradigma politico senza precedenti negli ultimi decenni. Chi ha detto che la storia era finita? Per far sì che questi partiti identitari passino però dalla “protesta” alla “proposta”, è necessario criticare certamente i tecnocrati dell'Unione europea, ma allo stesso tempo è importante proporre un modello di alternativa d’Europa che sia realistico e al passo del XXI° secolo: non siamo più nell’epoca degli stati-nazione, ma degli spazi continentali , lo si può definire lo "spazio boreale". Questa è la grande sfida che attende quei movimenti politici e che potrebbe portarli a gestire in maniera innovativa ed efficace la grande politica europea del XXI° secolo. E naturalmente, proprio a seguito di questo ragionamento, questo grande spazio europeo passa necessariamente attraverso una convergenza con la Russia di Putin».
Secondo lei, quali sono i movimenti politici che più di altri hanno un programma identitario in Europa?
«Secondo me i grandi partiti identitari europei sono la Lega Nord, il FPÖ austriaco, il Vlaams Belang fiammingo e il Fronte Nazionale di Marine Le Pen , anche se in certi casi tra di loro manca una condivisione sulle tematiche regionali. Credo che una sinergia tra queste quattro formazioni potrebbe avere un forte impatto sulla politica europea e dare vita ad una risposta identitaria continentale. Sebbene vengano definiti “euroscettici”, penso che quei partiti siano soltanto "scettici" e che abbiano bisogno di un maggior carico ideologico per essere considerati veramente “identitari”. Ad esempio, credo che l'UKIP inglese, sia un partito a cui non importa nulla né dell’ Europa né dei partiti identitari europei. Invece è molto interessante osservare tutto ciò che sta accadendo in Europa dell´Est e nei Balcani. Come diceva Tolkien, «le radici profonde non gelano».