Passa ai contenuti principali

Roberto Maroni: "Falso che io e Bossi abbiamo chiesto l'immunità. Inchiesta non riguarda la Lega"

Per una stampante inceppata i boss delle 'ndrine "brianzole" rischiano di tornare in libertà. Ma alla viglilia delle elezioni, con Roberto Maroni dato dai sondaggi in vantaggio nella corsa alla presidenza delle regione, arriva una nuova inchiesta che nulla c'entra con la Lega Nord. Hanno perquisito la sede ma non hanno trovato nulla. Tempo sprecato.

Attaccano la Lega Nord, l'agguato mediatico è servito. La Guardia di Finanza ha perquisito le sedi di Milano e Torino, cercando qualcosa che non hanno trovato e che riguarda una società esterna che nulla ha a che fare con il Carroccio. Non bastano più i giudici candidati in politica, a confermare che la magistratura non sia poi così imparziale come vorrebbero farci credere. 

Roberto Maroni, impegnato a Cernobbio per un incontro con la società civile per mettere a punto il programma elettorale, affida ad un comunicato stampa il commento della vicenda: "La notizia riportata oggi da alcune agenzie di stampa e da alcuni siti web, ovvero che io e Bossi avremmo chiesto l’immunità per contrastare l’azione investigativa della Guardia Di Finanza avvenuta ieri presso la sede della Lega di via Bellerio, è totalmente falsa e priva di ogni fondamento. La Lega non c’entra nulla con questa indagine che riguarda una società cooperativa privata che non ha alcun rapporto con il movimento. La Guardia di Finanza voleva solo acquisire documenti che riguardano un dipendente della Lega e si è recata quindi sul luogo di lavoro del suddetto dipendente, cioè la sede di via Bellerio. Invito pertanto i tutti mezzi di informazione di dare conto di questa mia categorica smentita. Ho inoltre dato mandato al mio avvocato di perseguire legalmente chi ha diffuso questa notizia falsa e tutti coloro che non dovessero dare conto della falsità della notizia stessa.”


Post popolari in questo blog

«Così ho visto arrivare in Brianza la ’ndrangheta». I ricordi del generale Boscarato

«IN QUEL TEMPO Monza e la Brianza erano afflitti dal fenomeno dei sequestri di persona. La ’ndrangheta stava mettendo le sue radici dopo che negli anni ’70 l’istituto del soggiorno obbligato aveva portato in questo territorio decine di malavitosi provenienti dalla Calabria. In un ambiente ricco come questo fecero salire al Nord i loro compari e si organizzarono». A raccontarlo un testimone d’eccezione: si chiama Sergio Boscarato, ha 76 anni e oggi è generale in congedo dei carabinieri. Fra il 1982 e il 1986, con il grado di tenente colonnello, fu comandante del Gruppo di Monza dei carabinieri.

"L’han giurato, li ho visti in Pontida"

Mezzago, l'ombra della malavita dalla Calabria sulla Stalingrado brianzola

Nemmeno Mezzago è immune alle infiltrazioni della criminalità organizzata. In quella che per percentuali elettorali si potrebbe definire la "Stalingrado della Brianza, si denota il fallimento della sinistra paladina della lotta all'illegalità.